“Amore e violenza”, questo il tema scelto per allestire il consueto presepe di Natale sul lungomare di Gallico Marina.
Un presepe di strada, fortemente voluto dalle persone che abitualmente percorrono questo antico borgo marinaro e che per realizzarlo hanno lavorato quotidianamente per creare la struttura di base, adeguandola alle risorse disponibili, ed utilizzando per lo più materiale di riciclo o ottenuto in prestito.
Un presepe nato, dunque, senza un progetto definito, ma soltanto con un’idea, compresa la scelta di partire dalla tradizione per fotografare l’attualità e cogliere l’andamento della realtà oscillante tra amore e violenza.
Nel comune sentire, amore e violenza tendono a contrapporsi. In realtà, il sentimento amoroso e l’atto violento si compenetrano da sempre. Vi è tra i due comportamenti un sottile ed insospettabile legame. L’amore non si manifesta, infatti, da solo, ma si accompagna - solitamente - ad altri sentimenti: esso può ispirare o generare invidia, gelosia, possesso, sino a a sentimenti affini all’aggressività o all’odio.
La violenza è un concetto complesso. È spesso intesa come l’uso o la minaccia della forza, in grado di provocare lesioni, danni, privazioni o persino la morte. Ma, soprattutto, essa è un male antico, che cambia e si evolve nei secoli.
È una storia e ha una storia, in cui i violenti ritornano alle religioni per sacralizzare il loro operato. Secondo illustri psicanalisti ed etologi, l’aggressività è parte integrante del nostro DNA ed affonda le sue radici nelle origini della nostra specie e, pertanto, non si può eliminare ma solo controllare.
Ed allora, solo i saperi, la cultura e l'organizzazione sociale possono aiutare i cittadini a comprendere i problemi globali, ad acquisire le competenze per risolvere i conflitti in modo non violento, a vivere secondo gli standard internazionali dei diritti umani e dell’equità.
Ebbene, è proprio da queste premesse che ha preso vita un presepe dell’esistenza, che invita a guardarsi dentro per capire cosa si possa fare per non concorrere a promuovere aggressività singola, di gruppo e di popolo.
Ed ecco come questa idea si è materializzata nel progetto finale: da un lato, con la rappresentazione della violenza che si insinua capillarmente nella società dei nostri giorni; dall’altro con l’affermazione del messaggio d’amore e di speranza che la natività suggerisce.
L’ampio pannello ligneo di supporto è ripartito in quattro segmenti principali:
La violenza connessa alla guerra, con un’attenzione particolare ai conflitti armati più recenti, quello in Ucraina e quello lungo la striscia di Gaza.
In questo scenario di desolante devastazione, con le raffigurazioni dei soldati in trincea all’ombra dei grattacieli, emblematica è l’immagine delle grandi potenze mondiali che osservano e governano.
A seguire, il racconto della violenza nella sfera privata e nelle dinamiche familiari, rappresentata attraverso una scalinata ricoperta di scarpette rosse, divenute ormai simbolo della lotta al femminicidio.
Nello stesso contesto, rivive il tragico femminile di Antigone, eroina simbolo di tenacia e coraggiosa determinazione contro una legge dello stato che ella ritiene profondamente ingiusta.
Nata per condividere l’amore e non l’odio, Antigone dà la vita per l’amore più grande di tutti: quello per un fratello. Ed è in nome di questo profondissimo legame che si ribella al divieto del re di dare sepoltura a suo fratello e lo seppellisce, andando incontro alla reclusione perpetua in una caverna ed al suicidio.
In questo complesso sfondo, è descritta anche la violenza ai danni dei minori, con un accenno alla pedofilia, all’infanticidio, al tema attualissimo del bullismo, ma anche all’atrocità dell’abbandono, con l’immagine potente e dolorosa di quel bimbo, avvolto alla meglio in qualche panno e relegato fra i rifiuti, egli stesso degradato a rifiuto, esito ultimo dell’assenza di amore.
Il terzo segmento riguarda, invece, la violenza radicata nel sistema sociale, con un forte richiamo alla criminalità organizzata, violenta quando uccide per sopraffare e avere, quando intimidisce per ottenere vantaggi.
O ancora quando afferma con prepotenza la volontà di possedere cose, come espressione di quella modalità dell’esistenza improntata secondo la logica dell’”avere” e non dell’”essere”, finendo per essere essa stessa posseduta dalle cose.
Infine, appare l’angolo dell’amore e della speranza, con la rappresentazione della natività, riprodotta però in due varianti, quella in vetro e a colori e quella in pietra.
Riflessioni
Per comprendere questa dicotomia, occorre indagare il pensiero del filosofo tedesco Erich Fromm, il quale si pose una domanda, per lui fondamentale: “Cos’è l’uomo?”. Per rispondere scelse di considerare le persone in base a due modalità dell’esistenza, l’avere o l’essere.
Ecco, dunque, che la prima natività, quella in vetro e a colori evoca la dimensione spirituale, alla quale appartengono appunto gli uomini che scelgono di vivere secondo le modalità dell’essere;
la seconda natività, quella grigia e in pietra, si riferisce alla dimensione materiale di coloro che vivono secondo le modalità dell’avere.
Un “Avere” deve possedere un fiore, lo coglie, lo fa suo. Un “Essere” ne contempla la bellezza, godendo di questo, percependolo per immaginare altri orizzonti. (Avere o essere? – 1976)
La natività è posta apparentemente in ombra, mentre lo sguardo dello spettatore viene catturato dalle immagini di devastazione e di guerra. Un presepe surreale ma mai così attinente alla realtà di ciò che accade sotto gli occhi del mondo. L’assenza di amore è ciò che i vari segmenti del presepe suggeriscono: guerra, devastazioni, odio, violenza sono il frutto del rarefarsi di questo sentimento.
Allora, per noi uomini non c’è speranza? La risposta la troviamo in quell’ultimo segmento, laddove è rappresentato appunto l’amore, contrapposto alla violenza, e dove si inseriscono altre simboliche immagini che oppongono la solidarietà all’egoismo, la dolcezza della consolazione alla furia della violenza, la forza dell’amore al delirio dell’odio. Ma, soprattutto, al lato estremo del presepe sorge una luce per suggerirci che il Bambino, ogni anno, continui da 2000 anni a nascere.
Fare il presepe è - perciò -, oggi più che mai, un messaggio di pace e di speranza, un gesto d’amore, oltre che un esercizio di fantasia creativa. Una pratica che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata. Perché esso non sia semplicemente un simbolo, ma piuttosto un’idea, il racconto e la narrazione di un evento, contemplazione e memoria di un fatto storico.
Dove si trova?
Il presepe è stato realizzato a Reggio Calabria nel quartiere di Gallico Marina.
Le immagini
Sfoglia alcune delle immagini del presepe.
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